I finanzieri di Matteria vennero ingannati dagli abitanti d'accordo con i partigiani
La cena diventò una trappola
I militari erano impegnati sulla strada Trieste-Fiume
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Secondo l’ultimo aggiornamento degli elenchi eseguito dal Museo storico della Guardia di Finanza, gli scomparsi del presidio di Matteria sono 22. Consultando l’elenco presente sul sito “L’Altra verità”, emerge che a Matteria, il 12 gennaio 1944, è scomparso anche un civile. Si tratta di Luigi Pozzati, classe 1899, nato a Gradizza di Copparo, la dichiarazione di morte presunta avvenuta a Matteria è stata pronunciata dal Tribunale di Ferrara nel 1951. E’ probabile che la scomparsa del Pozzati possa essere collegata a quella dei finanzieri.
Ecco cosa si legge nel verbale di irreperibilità del finanziere Giosuè Nave firmato dal colonnello Persirio Marini, ferrarese, comandante della 6 Legione di Trieste, che verrà poi decorato di medaglia d’Oro al Valor militare.
“L’anno millenovecentoquarantaquattro, addì quattordici del mese di aprile, in Trieste si constata quanto appresso:
In data 13 gennaio 1944 il Comando della Compagnia autonoma di Polizia della Guardia di Finanza di stanza a Castelnuovo d’Istria segnalava a questo Comando che il finanziere terra Nave Giosué di Angelo e di Pozzobon Maria, nato a Maserada sul Piave (Treviso) i 25 dicembre 1909, effettivo al distaccamento di Matteria della Compagnia autonoma di Polizia stessa, iscritto al n.”21123/28” di matricola del Corpo della Guardia di Finanza, in occasione di un’azione armata al distaccamento di Matteria da parte di bande ribelli, avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 1944, scomparve dopo e che dopo tale fatto non venne riconosciuto tra i militari dei quali fu legalmente accertata la morte o la prigionia. Essendo ora trascorsi tre mesi dalla data della segnalazione e dalla sua scomparsa, e risultando che le sue ulteriori ricerche e indagini esperite in ogni campo e sotto ogni forma, sono riuscite infruttuose nei di lui riguardi e che pertanto non è stato possibile nel frattempo conoscere se egli sia tuttora in vita o sia in effetti deceduto, viene redatto il presente processo verbale di irreperibilità a norma dell’articolo 124 della legge di guerra, per gli effetti che la legge a esso attribuisce”.
Nel dopoguerra la famiglia Nave si era attivata per avere notizie di Giosuè. “Mio nonno e mia zia Emma – racconta Renato Nave, figlio del finanziere scomparso – si erano recati a Saletto, frazione di Breda di Piave, a pochi chilometri da Maserada, dai genitori di un altro disperso, Giuseppe Coletto, classe 1923. Da loro erano venuti a sapere che un finanziere del distaccamento di Matteria era riuscito a scappare e a mettersi in salvo. Secondo il racconto dei Coletto, i finanzieri di Matteria volevano organizzare una festa, e comunque al momento della cattura stavano giocando a carte. I partigiani li avrebbero tranquillizzati parlando di un trasferimento e che a loro non sarebbe comunque capitato nulla. Quel finanziere, approfittando di una curva e dell’oscurità, era riuscito a gettarsi dal camion e a nascondersi. I partigiani avevano desistito dal cercarlo”. Renato Nave, che vive a Ferrara, città natale della madre, la signora Fernanda Faggioli, è dirigente a riposo della Camera di Commercio e di fatto non ha mai conosciuto il padre, al momento della sua scomparsa aveva soltanto pochi mesi. “Mi è stato raccontato che quando veniva al paese in licenza aveva detto: piuttosto che farmi prendere prigioniero mi ammazzo o che mi ammazzino loro”. E’ probabile che Giosuè Nave, per fare certi discorsi, abbia visto dei cadaveri di militari presi dai partigiani slavi sottoposti a sevizie e crudeltà, presumibilmente mentre gli sventurati erano ancora in vita. Renato Nave racconta poi che il nonno e la zia Emma, che vive a Milano, dopo la scomparsa dei finanzieri di Matteria erano stati arrestati e incarcerati perché la feldgendarmerie tedesca era convinta che i militari avessero disertato. E’ probabile che la conferma della cattura dei finanzieri sia venuta proprio dal commilitone riuscito a mettersi in salvo, così il signor Nave e la figlia avevano riacquistato la libertà.
L’operato della Compagnia di sicurezza, da cui dipendeva il distaccamento di Matteria, non può avere originato la cattura dei finanzieri di Trieste, come sostenuto da alcuni “giustificazionisti”. Il reparto, spiega il generale Luciano Luciani, presidente del Museo storico della Guardia di Finanza nel suo saggio “La strage dei finanzieri della caserma di Campo Marzio a Trieste del maggio 1945”, era stato costituito su richiesta dei tedeschi che minacciavano lo scioglimento del Corpo e la deportazione in Germania dei suoi appartenenti. E’ interessante al riguardo la motivazione della sentenza del Consiglio di Stato, pronunciata nel 1949, che accoglieva il ricorso presentato dal tenente Francesco Rolleri, comandante della Compagnia di sicurezza, contro la dispensa dal servizio per collaborazionismo con i tedeschi. L’ufficiale, denunciato al Tribunale militare di Verona, aveva goduto dei benefici della cosiddetta amnistia Togliatti, ma successivamente era stato dispensato dal servizio e per questo aveva presentato ricorso al Consiglio di Stato. La sentenza analizza la situazione del tutto particolare in cui si era venuta a trovare la Venezia Giulia dopo l’armistizio dell’8 settembre e afferma che non può qualificarsi come collaborazione con i tedeschi il servizio prestato nella compagnia di sicurezza, dovendosi considerare come uno di compiti istituzionali previsti dalla legge sull’ordinamento della Guardia di finanza e trattandosi di ordini superiori legittimamente dati. Le Fiamme gialle infatti, come le altre forze di polizia, per effetto dell’articolo 35 della legge di guerra, dovevano rimanere in servizio anche in territorio occupato nemico, come nel caso della Venezia Giulia, e svolgere servizio d’istituto fino a quando ciò era consentito dalla potenza occupante. Ciò, scrive il generale Pierpaolo Meccariello nel suo libro “La Guardia di Finanza nel secondo conflitto mondiale”, corrispondeva ad un evidente interesse della popolazione civile le cui esigenze di tutela erano da ritenersi prevalenti rispetto alla negatività dell’indiretta collaborazione che in tal modo veniva fornita al nemico. Il Consiglio di Stato nella sentenza puntualizza come non fossero legittime eventuali operazioni con caratteristiche di incivile rappresaglia e di cieca persecuzione, azioni che in effetti non si verificarono. Se è vero che alcuni finanzieri della Compagnia, su ordine del tenente Rolleri, parteciparono ad alcune operazioni di rastrellamento, avvenute in seguito all’uccisione o al rapimento di commilitoni da parte di partigiani slavi, è altrettanto vero che in quelle circostanze il ruolo dei militari era rimasto sempre secondario rispetto a quello dei nazifascisti. Mai le Fiamme gialle si resero responsabili di atrocità ai danni di partigiani o della popolazione civile di etnia slovena o croata. Nel 1945, in maggio, il tenente Rolleri che si trovava a Trieste, verrà arrestato dagli alleati e consegnato alle autorità militari jugoslave che lo rinchiusero nel carcere del Coroneo il giorno 12 per poi scarcerarlo poco dopo perché non era emerso nulla a suo carico. La riacquistata libertà dell’ufficiale in tempi così brevi, è la dimostrazione più evidente che nulla poteva essere imputato agli uomini della Compagnia di sicurezza.
Aldo Viroli