La vicenda del presidio delle Fiamme gialle di Matteria, allora in provincia di Fiume
Un finanziere scampò alla strage
Dai ricordi dei congiunti emerge qualche novità
Aldo Viroli
Prima di riprendere la vicenda di Matteria, è il caso di ricordare il ruolo svolto dalla Guardia di finanza sul confine orientale ed in particolare a Trieste, dove le Fiamme gialle hanno fornito un contributo determinante al successo dell’insurrezione contro gli occupanti tedeschi proclamata dal Comitato di liberazione nazionale giuliano il 30 aprile 1945. La bandiera di Guerra della Guardia di Finanza nel 2009, in occasione della festa del Corpo, è stata decorata con la medaglia d’Oro al merito Civile quale attestazione di riconoscenza per l’opera svolta a difesa delle comunità italiane e slave della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, sia per l’elevato numero di vittime subite dalle Fiamme gialle sul confine orientale nel periodo che va dal 1943 al 1945. A Trieste in quelle drammatiche giornate del 1945, i finanzieri avevano aderito spontaneamente all’appello lanciato dai patrioti antifascisti della città, ma il 2 maggio verranno disarmati dalle formazioni filo jugoslave e incarcerati. Sarebbero almeno 97 quelli arrestati nella caserma di Campo Marzio che non hanno fatto più ritorno a casa. Sulle tragiche vicende di Trieste, per chi vuole saperne di più, è disponibile sul sito ufficiale della Guardia di finanza il saggio del generale Luciano Luciani, già comandante in seconda del Corpo e attualmente presidente del Museo storico “La strage dei finanzieri della caserma di Campo Marzio a Trieste del maggio 1945”. Gli sventurati non finirono i loro giorni nella foiba di Basovizza, come si era creduto in passato, ma presumibilmente, secondo studi più recenti, nei pressi di San Pietro del Carso, oggi Piuka in Slovenia. Questa versione, scrive il generale Luciani, è la più attendibile e in parte confermata dallo storico triestino Roberto Spazzali nel suo libro ”Foibe un dibattito ancora aperto”. Così scrive Spazzali in un altro suo libro "...l'Italia chiamò" pubblicato dalla Libreria Editrice Goriziana nel 2004. ”La Legione operante a Trieste era stata inquadrata come Guardia Repubblicana di Finanza e, malgrado una violenta campagna denigratoria condotta dai soliti riduzionisti, si comportò bene. Però si attirò l'odio di alcuni elementi a causa della sua lotta al contrabbando e alla borsa nera e un tanto fu sufficiente per metterli dalla parte dei nemici da eliminare. Il comando locale mise a disposizione del Cln tutti suoi uomini che combatterono coraggiosamente contro i presidi tedeschi nei giorni dell'insurrezione, anche a fianco dei partigiani di Tito. Fu disarmata e neutralizzata perché la GdF rappresentava in forma ufficiale lo Stato italiano e il presidio dei suoi confini amministrativi”. Il generale Luciani cita anche le ricerche effettuate nell’immediato dopoguerra dal tenente colonnello De Angelis, uno degli ufficiali catturati nella caserma di via Udine, sempre a Trieste, che aveva raccolto numerose testimonianze sul transito nei primi giorni del maggio 1945 sulla strada che porta a Basovizza e Sesana (oggi Sezana), l’itinerario che porta a San Pietro del Carso, di una colonna composta da numerosi finanzieri sotto nutrita scorta di partigiani di entrambi i sessi. Subirono una sorte diversa dai commilitoni di Campo Marzio i militari della caserma di via Udine, in tutto 156, che vennero divisi in due gruppi. Il primo, meno numeroso, finirà al carcere del Coroneo ed i suoi componenti, dopo alcune settimane di detenzione, torneranno liberi. Il secondo gruppo, più numeroso, conoscerà gli orrori del campo di concentramento di Borovnica, non lontano da Postumia e Lubiana, definito dal vescovo di Trieste monsignor Antonio Santin “l’inferno dei morti viventi”. Dopo due mesi di trattamenti disumani, i finanzieri verranno rilasciati. Non torneranno da Borovnica 23 tra sottufficiali e finanzieri, deceduti per la fame e i patimenti subiti. Da ricordare che al comando della 6 Legione di Trieste era il colonnello Persirio Marini, ferrarese, che verrà poi decorato di medaglia d’Oro al Valor militare. Alla memoria dell’ufficiale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito recentemente la medaglia d’Oro al merito della Guardia di finanza. Tra i 97 militari arrestati a Trieste non risultano dei romagnoli. Era di Bondeno (Ferrara) Dino Pisani, classe 1924, mentre veniva da Crespellano (Bologna) Enzo Genasi, promosso sotto (oggi vice) brigadiere per la sua partecipazione all’insurrezione del 30 aprile. Sono comunque diversi i militari delle Fiamme gialle originari della nostra regione caduti in Istria o comunque nell’ex Jugoslavia. In questo contesto va ricordato il sacrificio del maresciallo capo Antonio Farinatti, nato a Migliarino di Migliaro (Ferrara) il 7 febbraio 1905. Arruolatosi giovanissimo nella Regia Guardia di Finanza, il sottufficiale nell'ottobre 1941 era stato assegnato al comando della brigata litoranea di Parenzo, alle dipendenze della Compagnia di Pirano, dove verrà sorpreso dall’8 settembre. La figura dell’eroico sottufficiale è stata ricordata da Storie e personaggi il 4 febbraio 2008. Vista la situazione venutasi a creare a Parenzo, un gruppo di cittadini di sentimenti italiani aveva dato vita a un Comitato di salute pubblica, con l'obiettivo di difendere la città e i suoi abitanti. Solo i finanzieri e i carabinieri erano rimasti al loro posto dando vita a un Comitato di sicurezza pubblica con il compito di recuperare le armi lasciate dai militari allontanatisi dalla località e di assicurare l'ordine pubblico. Ricostituito il presidio militare con i pochi uomini rimasti, il Comitato aveva potuto fare fondamento sui soli comandanti delle forze dell'ordine, il maresciallo Farinatti e il collega dell'Arma Torquato Petracchi, toscano. I due sottufficiali - scrive il capitano Gerardo Severino, direttore del Museo storico della Guardia di finanza su “Fiume”, Rivista di Studi adriatici - rimasero al loro posto anche dopo l'arrivo delle forze partigiane slave, avvenuto il 14 settembre, e con grande coraggio fecero di tutto per mitigare la situazione ed evitare spargimenti di sangue. Dopo aver assistito al saccheggio delle rispettive caserme, i due marescialli cercarono di indurre alla ragione i partigiani slavi, così aveva fatto monsignor Raffaele Radossi, ultimo arcivescovo di Parenzo e Pola e italiane. Farinatti verrà prelevato dalla sua abitazione nella notte tra il 20 e il 21 settembre, qualche giorno dopo condivideranno la stessa sorte il collega Petracchi e tanti altri cittadini inermi di Parenzo e delle località limitrofe. Farinatti verrà caricato sulla famigerata corriera della morte, dai finestrini oscurati, che durante la notte faceva la spola tra Parenzo e Pisino, dove nei sotterranei del castello di Montecuccoli, reso celebre da Giulio Verne, si riuniva il “tribunale del popolo” presieduto da Ivan Motika, ricordato come il “boia di Pisino”. Antonio Farinatti rimarrà prigioniero nelle secrete del castello, subendo una serie interminabile di torture e umiliazioni fino ai primi giorni di ottobre, per poi venire trasferito, di notte, e sempre a bordo della famigerata “corriera della morte”, nei pressi di Albona, precisamente a Vines dove si trova la foiba detta “dei colombi”. Il sottufficiale verrà fatto precipitare nella cavità, profonda circa 146 metri, con i polsi legati da filo di ferro e accoppiato ad altri due sventurati. Dalla testimonianza di altri reclusi nel castello di Pisino poi rilasciati, emerge che il sottufficiale aveva tenuto un contegno sprezzante verso i suoi aguzzini, riaffermando la propria italianità e rifiutando qualsiasi compromesso che avrebbe potuto salvargli la vita. Il corpo del valoroso sottufficiale è stato recuperato assieme a quello degli altri sventurati grazie all'opera dei Vigili del fuoco di Pola guidati dal maresciallo Arnaldo Harzarich, che in quel periodo, superando difficoltà di ogni genere, si resero protagonisti di altre analoghe imprese. A Vines, Harzarich e i suoi uomini, supportati dalla squadra di soccorso della Miniera dell'Arsa, avevano riportato in superficie 84 cadaveri, alcuni sono stati identificati. Alla memoria dell'eroico maresciallo Farinatti, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito la medaglia d'Oro al merito civile. Nella motivazione viene evidenziata la luminosa testimonianza di amor patrio del sottufficiale e l'elevato senso del dovere. Nel 2008 il comune di Migliaro ha voluto ricordare il sacrificio del concittadino con lo scoprimento di una lapide. Anche se con almeno 60 anni di ritardo l’Italia ha reso finalmente omaggio alla memoria di questo martire. Il comune di Migliaro ha un altro finanziere caduto sul confine orientale, si tratta di Oves Ugo Marchioni, nato il 10 dicembre 1915, che risulta tra i dispersi del distaccamento di Matteria, comandato dal brigadiere Serafino Ricci Lucchi, nato a Lugo il 21 ottobre 1915. Nei diversi elenchi di caduti, consultabili anche tramite Internet, Serafino Ricci Lucchi risulta disperso in varie località, tutte non lontane da Matteria. La conferma del luogo da cui si sono perse le sue tracce viene dal foglio matricolare. Anche all’anagrafe di Lugo, dai cui registri il sottufficiale è stato cancellato nel 1952, risulta Matteria. Nello stesso distaccamento prestava servizio un altro finanziere romagnolo, Enzo Tassinari, nato a Dovadola il 20 febbraio 1921. Il giovane risulta assegnato alla Legione territoriale di Trieste nel 1941. La dichiarazione di irreperibilità è del 14 aprile 1944. Gli altri militari della Guardia di finanza nati in Emilia-Romagna e dispersi a Matteria sono: Lino Checchi (Castenaso – Bo – 12 settembre 1922), Giuseppe Marippi (Rivergaro – Pc – 7 febbraio 1924), Valerio Monari (Monghidoro – Bo – 20 agosto 1923) e Umberto Monetti (Savignano sul Panaro – Mo – 29 maggio 1924). Come si vedrà nella seconda parte, i militari del presidio di Matteria, come raccontato ai congiunti del finanziere Giosuè Nave dal militare sopravvissuto, di cui purtroppo non è noto il nome, verranno catturati dai partigiani slavi in una casa situata nelle vicinanze della sede, la casa cantoniera dell’Anas, tuttora esistente anche se oggi ristrutturata e adibita a normale abitazione.
Continua...