Un' imbarcazione lussignana: "La Passera"

di

Antonio Neumann


La “passera” si distingue fra le imbarcazioni tradizionali, per le sue qualità marine, per l’eleganza e semplicità di linee. Nata come imbarcazione da pesca si è, per queste caratteristiche, diffusa anche come barca da diporto soprattutto nel golfo di Trieste.
E’ originaria dell’isola di Lussino dove veniva usata per la pesca con reti da posta, nasse e palangresi. Nella sua versione più comune era lunga circa 5 metri, aveva poppa quadra con specchio leggermente inclinato, e una controchiglia abbastanza alta e lunga che le consentiva buone prestazioni a vela. La vela era al terzo con il picco quasi verticale. Armava spesso un bompresso con un piccolo fiocco. La pontatura copriva il terzo anteriore dell’imbarcazione. L’albero generalmente non portava sartie. Trasformandosi in imbarcazione da diporto la “passera” ha via via modificato alcune delle sue caratteristiche, le dimensioni sono aumentate, la pontatura è diventata completa con una bassa tuga, è stata aggiunta della zavorra in chiglia per migliorare la stabilità e l’attrezzatura velica prevalente è diventata la Marconi.


Le origini della passera risalgono alla seconda metà del 800 e si ritiene che gli inizi della loro costruzione nei cantieri navali di Lussino e delle isole circostanti provengano dal fatto che i capitano lussignani di quei tempi, i Cosulich, i Martinolich, i Premuda, i Tarabocchia ed altri altrettanto famosi, ne portassero in Adriatico alcune imbarcazioni similari usati sulle grosse barche a vela inglesi come lance per il trasporto di persone e materiali dalle navi all’ancora nelle rade alla terra ferma. Malgrado le loro umili funzioni, erano barche estremamente sicure, manovriere, asciutte e con un’ottima tenuta di mare. I maestri d’ascia di Lussino le adattarono poi alle esigenze marine locali, dando così origine alla “passera” . Se le prime costruzioni furono destinate al loro uso piuttosto esclusivo per la pesca verso l’inizio del 900 la loro produzione si sviluppò anche nel campo della nautica da diporto affinandone sempre più le linee, aumentandone la superficie velica (fino a 30 mq. di velatura per una barca di 5 metri) e la zavorra in pani di piombo opportunamente disposta sul fondo a seconda delle andature e dei pesi a bordo.


Purtroppo non esistono piani di costruzione. Per realizzarle i maestri d’ascia lussignani utilizzavano semplicemente la loro maestria e sensibilità; si servivano del mezzo modello detto “canavetta” i cui dati erano poi trasferiti in scala 1:1 su un tracciato disegnato sul pavimento del cantiere con la chiglia e le singole ordinate necessarie per impostare lo scafo.
Oggi sono rimasti solo alcuni disegni delle “passere” da regata, rilevati da Artù Chiggiato, progettista e grande appassionato di queste barche. E’ grazie a Chiggiato e agli ultimi costruttori lussignani che il progettista Carlo Sciarelli ha appreso i segreti di questi scafi ed ha disegnato una “passera” di sei metri di lunghezza, con prestazioni perfette per la navigazione nel golfo di Trieste, una buona stabilità (ha una larghezza di oltre due metri) e con ottimi rendimenti in regata grazie alla generosa superficie velica di 26 mq. La scheda tecnica di questa “passera” è la seguente: Lunghezza fuori tutto 6.00 m; larghezza massima 2.07 m; pescaggio 0.7 m; dislocamento 1 tonn.. zavorra 400 kg; Superficie velica totale 26.50 mq; Randa 18.50 mq; Fiocco 8.00 mq.


Il disegno, la foto e i piani di costruzione si riferiscono ad una “passera” pressoché originale. La foto, che può considerarsi storica, fu ripresa a Lussino in una regata nel 1934. Se si pensa che anche quest’anno, alla Barcolana a Trieste, erano presenti diversi esemplari tutti ben piazzatisi, e che la Barcolana non è una regata tra barche d’epoca ma, in certe condizioni, una durissima competizione, si può ben affermare che i maestri d’ascia lussignani hanno lasciato, se hanno davvero lasciato, un retaggio unico nella costruzione navale in legno.